Fin da subito, Davon aveva tentato di mantenere il controllo sulle sue emozioni: tristezza, vergogna, rabbia. Aveva imparato a suon di strigliate che questi sentimenti erano dannosi per se stesso e per l'intera Compagnia. Era stato proprio Malys ad insegnarglielo. Ma ora lui non c'era più, non gli avrebbe più ripetuto quelle parole. L'unica cosa che il ragazzo poteva fare, era applicare quello che gli era stato insegnato. Dopotutto, se tutti si fossero comportati come aveva fatto lui alla Mano di Selley, che fine avrebbe fatto il gruppo, che fine avrebbe fatto tutto il lavoro svolto, tutto il sangue versato? Queste stesse domande valevano anche ora. Eppure, tutti sulla nave erano tristi, delusi. In quell'atmosfera, sentiva che stava cedendo, lasciando spazio ai pensieri negativi. Fece un ultimo sforzo di volontà: andò da Dorian e gli mise una mano sulla spalla. Davon: «No, Dorian. Non è solo colpa tua, bensì di tutti. Noi abbiamo fallito. Noi abbiamo sbagliato tutto. Il nome "Sacra Compagnia" non ci viene dato solo per presentarci in modo appariscente e sensazionale. Noi siamo un gruppo, un insieme di persone con gli stessi ideali, dove non abbiamo superiori che impartiscono ordini a sottoposti. Siamo, per l'appunto, una compagnia: insieme affrontiamo le avversità, insieme combattiamo per la salvezza di Arenthar, insieme vinciamo o perdiamo, insieme sbagliamo e rimediamo ai nostri errori». Si fermò a metà discorso, a pensare e riflettere, come spesso gli capitava, con lo sguardo perso nel vuoto. Sospirò e riprese a parlare. Davon: «Ci sono tante cose che avremmo potuto fare. Io e gli altri Divinatori avremmo dovuto cercare subito le visioni che ci avrebbero fornito degli indizi su cosa fare, sicuramente è anche colpa nostra. Se avessimo compreso come affrontare le prove dei giullari al meglio, avremmo potuto recuperare tutte le anime. Ma non dobbiamo stare qui a contare gli sbagli che abbiamo fatto, quanto invece provare a capire come risolverli. Dobbiamo imparare a lavorare meglio in gruppo, ad interagire più efficacemente tra di noi». Il tono con cui pronunciò le parole seguenti mutò gradualmente, passando dalla tristezza ad un misto di rabbia e orgoglio. Davon: «Su una cosa però hai assolutamente ragione: non è giusto, per niente. Proprio per questo motivo non possiamo abbatterci. Dobbiamo fare giustizia per tutti coloro che si sono sacrificati per permetterci di proseguire. Dobbiamo migliorarci, e quando saremo più forti torneremo e rimanderemo gli incubi nel Reame Grigio a calci nel culo!»
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